Troy Bayliss: “Sono un papà apprensivo”

Troy Bayliss: “Sono un papà apprensivo”
Carlo Baldi
Oliver Bayliss vuole calcare le orme del padre e debutterà questo weekend nel mondiale Supersport, sulla stessa pista dove Troy debuttò in Superbike nel 1997 con una Suzuki
26 febbraio 2020

Puoi anche essere stato un pluricampione del mondo ed aver vinto gare in tutte le piste del mondo, ma quando si parla di tuo figlio gli occhi ti brillano e senti una stretta al cuore. Ed è così anche per Troy Bayliss, che ho incontrato a Phillip Island assieme al figlio Oliver, che ha svolto i due giorni di test precampionato nella classe Supersport. 

Bayliss padre non ha bisogno di presentazioni. Più passa il tempo e più sono convinto che la sua leggenda non derivi solo dai tre titoli mondiali Superbike vinti con la Ducati, ma soprattutto dal Troy “uomo”, dalla sua grande umanità e disponibilità. Tutti gli vogliono bene e vedono in lui un amico, un fratello. “Il Carrozziere” come viene ancora chiamato, è un figlio del popolo. Uno che ce l’ha fatta, che ha smesso di verniciare macchine per salire in moto e vincere. 

“C’è Bayliss!”. Quando nel paddock si sparge la voce del suo arrivo non c’è nessuno che non cerchi di salutarlo, di stringergli la mano, di abbracciarlo. Lunedì mattina me lo sono trovato davanti verso le nove. Stava parlando con Chaz Davies e con Heather Watson (sua amica e ufficio stampa Ducati nell’anno del suo ritiro). Non sapevo se salutarlo ed interrompere la sua conversazione oppure se far finta di niente e magari cercarlo più tardi. Come sempre è stato lui a togliermi ogni dubbio venendomi incontro per stringermi la mano. Troy si ricorda di tutti, ed ha un sorriso ed una parola per tutti quelli che hanno fatto parte del suo mondo, e che ora tornano a farne parte grazie a suo figlio Oliver, che ha deciso di calcare le orme del padre. Oli, questo il suo soprannome, ha disputato il campionato australiano 300 per poi passare alla Supersport e da venerdì a Phillip Island correrà come wild card nel mondiale di questa categoria.

Assomiglia molto al padre dal punto di vista fisico, tanto che molti rivedono in lui il Troy giovane che nel 1997 ha debuttato con una Suzuki nel mondiale Superbike, classificandosi quinto in entrambe le gare. Ora sembra abbia appeso definitivamente il casco al chiodo, proprio per occuparsi del più piccolo dei suoi tre figli. Assieme hanno corso la Sydney 5 hour Endurance Race conquistando il secondo posto assoluto. 

Tuo figlio è un pilota e sembra promettere bene. Sei contento?
"Non lo so. Sta crescendo molto bene, è bravo ed impara in fretta. Però io sono un papà apprensivo ed è difficile per me vederlo correre in pista. Allo stesso tempo però sono molto orgoglioso di lui. Lo vedo felice e stiamo passando dei bei momenti insieme. Non mi piace essere così apprensivo, ma è il mio carattere. Fortunatamente Oli non ha mai avuto gravi incidenti anche perché è un ragazzo intelligente con la testa sulle spalle". 

Che rapporto avete? Andate d’accordo?
"Abbiamo un ottimo rapporto e siamo molto amici. Parliamo molto e vedo che apprezza i miei suggerimenti. Mano a mano che cresce cerca di sfruttare la mia esperienza e nello stesso tempo di acquisire la sua. Certo qualche volta discutiamo animatamente, ma in generale devo dire che stiamo bene insieme".

E tua moglie Kim cosa ne pensa?
"
Lei è più esperta di me. Ha vissuto per anni con un pilota e quindi è più preparata di me a sopportare l’idea di avere un figlio che corre in moto". 

Quali programmi avete per il futuro?  
“Oli debutterà nel mondiale Supersport qui a Phillip Island e parteciperà a tutto il campionato australiano Supersport cercando di vincerlo. Ha solo sedici anni ed è al suo secondo anno in 600 per cui dobbiamo aspettare a fare programmi e vedere prima come va questa stagione. Lui sta già pensando di trasferirsi in Europa, ma prima dovrà finire le scuole che sta facendo.  Al momento passa metà del suo tempo a scuola e l’altra metà in officina e per ora va bene così. Per quanto riguarda la nostra partecipazione al mondiale di questo weekend , l’obiettivo è quello di raccogliere più esperienza possibile e naturalmente di conquistare un buon risultato".

A tuo parere perché da alcuni anni non ci sono piloti australiani nel mondiale Superbike? 
"E’ difficile capire il perché, ma ti assicuro che ora nei campionati nazionali abbiamo molti giovani di valore, che tra qualche anno potrebbero approdare nei campionati mondiali".  

So che segui ancora il mondiale Superbike. Come vedi la stagione 2020?
"A mio parere Razgatlioglu e Rea sono i più forti ed hanno qualcosa in più. A giudicare da quanto ho visto nei test di Phillip Island ritengo che quest’anno assisteremo a gare più combattute perché ci sono molti piloti di alto livello e con moto competitive. Sarà una bella stagione". 
 

Dopo aver parlato con Troy abbiamo scambiato due parole anche con Oli, che sino a quel momento era rimasto accanto al padre ascoltando attentamente ogni sua parola. Ha la stessa educazione e manifesta lo stesso rispetto per gli altri che ha suo padre. Pur avendo solo sedici anni è già molto maturo, con le idee ben chiare. 

Come sono andati questi due giorni di test che hanno rappresentato la tua prima esperienza nel mondiale Supersport?
"E’ stato un susseguirsi di diverse esperienze. Ho lavorato tanto con la mia squadra, ho sempre cercato di dare il massimo ed il risultato è stato che mi sono sempre migliorato e non sono mai andato così forte a Phillip Island. Ho fatto anche una caduta, ma nulla di grave. Mi sono toccato con Öncü, sono andato sull’erba e sono scivolato. Cose che capitano. In questi due giorni mi sono preparato per il prossimo weekend, che per me  sarà molto impegnativo in quanto disputerò sia il mondiale che il campionato australiano Supersport, dove punto a vincere il titolo".   

Tuo padre mi ha detto che vorresti venire a correre in Europa
"Si è vero. Non subito, perché attualmente sto lavorando e studiando. Faccio cinque settimane a scuola e cinque in officina. Io voglio fare il pilota, ma se non ci dovessi riuscire è importante che io abbia la possibilità di lavorare e di mantenermi. Allo stesso tempo però so che non potrò aspettare molto, perché ho sedici anni e tra qualche anno per me sarà difficile trovare un team. Le squadre vogliono piloti sempre più giovani".

Visto che tuo padre non ci sente (stava parlando con i meccanici al lavoro sulla Yamaha di Oli, n.d.r.) ci puoi dire se essere il figlio di una leggenda sia una cosa positiva o negativa?
"Per me è una cosa positiva, perché un padre come il mio che è stato un pilota a livello mondiale conosce tutte le piste e mi trasmette molta della sua esperienza. Per me è un punto di riferimento, e lo sarà ancora di più quando saremo in Europa".