Proposte intermedie fra moto e scooter

Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Negli anni Cinquanta non sono mancati gli scooter a ruote alte e le moto con gomme di grande sezione
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
15 luglio 2020

Per lungo tempo, in passato, le moto sono state realizzazioni decisamente spartane. In particolare negli anni della ricostruzione postbellica, prima che iniziasse il boom economico degli anni Sessanta, servivano alle persone per andare al lavoro. Si trattava cioè di mezzi di trasporto economici, nei quali spesso il comfort lasciava molto a desiderare.

Gli scooter hanno ottenuto un grande successo perché erano pratici, fornivano una buona protezione e assicuravano una certa confortevolezza, anche per la posizione di guida. Li compravano le persone normali, molte delle quali mai avrebbero pensato di acquistare una moto. Qualcosa del genere è avvenuta anche in anni recenti con gli scooterini dotati di variatore.
Quanti dei giovani che li hanno comperati avrebbero fatto lo stesso se si fosse trattato di ciclomotori, ovvero di autentiche piccole moto?

Per offrire all’utenza un veicolo che in qualche modo unisse i pregi della moto e dello scooter, negli anni Cinquanta alcune case hanno avanzato varie proposte che si staccavano sensibilmente dagli schemi usuali.

La versione 192 del Galletto, mostrata nella foto, è apparsa nel 1954. Il motore monocilindrico orizzontale erogava 7,5 CV a 5000 giri/min e il cambio era a quattro marce. Le ruote, intercambiabili, erano da 17 pollici
La versione 192 del Galletto, mostrata nella foto, è apparsa nel 1954. Il motore monocilindrico orizzontale erogava 7,5 CV a 5000 giri/min e il cambio era a quattro marce. Le ruote, intercambiabili, erano da 17 pollici

Per colmare il vuoto esistente tra il suo 65 a due tempi e l’Airone 250 la Moto Guzzi ha messo in produzione nel 1950 un modello innovativo, il Galletto.

Azionato da un motore a quattro tempi a cilindro orizzontale, questo autentico scooter a ruote alte (da 17 pollici, roba da moto!), caratterizzato da una estetica particolarissima, ha avuto subito un notevole successo per la sua praticità, la sua robustezza e la sua versatilità. Molto apprezzata era anche la possibilità di portare a bordo la ruota di scorta, dietro lo scudo anteriore.
Tra le altre soluzioni spiccavano la sospensione anteriore a biscottini oscillanti e quella posteriore monobraccio. Nel motore, realizzato all’insegna della massima semplicità, la biella era montata a sbalzo (l’albero a gomito era quindi supportato solo da un lato perché l’altro non c’era!). La distribuzione era ad aste e bilancieri, con due valvole in testa inclinate. La prima versione di 160 cm3, che aveva un alesaggio di 62 mm e una corsa di 53 mm ed erogava 6 CV a 5200 giri/min, è stata rapidamente seguita da una di 175 cm3 e, dal 1954, da quella finale di 192 cm3, rimasta in listino fino a metà degli anni Sessanta.

L’inconsueto sistema di raffreddamento ad aria forzata, con ventola centrifuga posta sul lato destro, impartiva al motore un aspetto inconfondibile. Nonostante le sue qualità, dal punto di vista commerciale il Delfino, entrato in produzione nel 1951, è stato deludente
L’inconsueto sistema di raffreddamento ad aria forzata, con ventola centrifuga posta sul lato destro, impartiva al motore un aspetto inconfondibile. Nonostante le sue qualità, dal punto di vista commerciale il Delfino, entrato in produzione nel 1951, è stato deludente

LAermacchi ha fatto il suo ingresso nel mondo delle due ruote con alcuni scooter a due tempi dotati essi pure di ruote da 17 pollici. Il primo è stato il 125 N, più noto come Cigno (ma il progettista, Lino Tonti, lo chiamava “Macchino”), entrato in produzione nel 1951.

Era dotato di un falso serbatoio che poteva essere disposto orizzontalmente (riempiendo il vuoto tra cannotto di sterzo e sella, come nelle moto) o verticalmente, dietro lo scudo anteriore. La sospensione anteriore era a bracci oscillanti, tipo Earles. Il motore erogava 4,5 CV a 4500 giri/min. I risultati di vendita sono stati buoni e nel 1953 ha fatto la sua comparsa una evoluzione di questo modello, che veniva offerto in due versioni, denominate 125 U e UL ed era noto anche come Ghibli.

L’ultimo scooter a ruote alte della casa varesina è stato lo Zeffiro, costruito dal 1956 al 1960 in versioni di 125 e di 150 cm3. L’estetica era stata notevolmente riveduta e ammodernata e la sospensione anteriore era diventata a forcella telescopica. La potenza del motore di 150 cm3 era di 6,5 CV a 5300 giri/min.

Nel 1951 la Motom ha deciso di entrare nel settore delle moto di maggiore cilindrata con un modello largamente innovativo

Dopo essersi affermata come una delle più importanti realtà nazionali con i suoi eccellenti ciclomotori a quattro tempi, divenuti molto popolari nel giro di pochi anni, nel 1951 la Motom ha deciso di entrare nel settore delle moto di maggiore cilindrata con un modello largamente innovativo, realizzato all’insegna del massimo comfort e della massima praticità d’uso.

Una moto, certo, ma di tipo molto particolare, con ruote da 15 pollici e pneumatici di grande sezione, posizione di guida “rilassata”, styling moderno e piacevolissimo e svariate soluzioni decisamente fuori dagli schemi usuali. Nel suo monocilindrico a quattro tempi di 163 cm3 (62 x 54 mm), con distribuzione ad aste e bilancieri, spiccava il raffreddamento ad aria forzata. Niente alette in vista, ma una nitida capottatura che avvolgeva completamente il gruppo testa/cilindro.
Anche all’interno del motore c’erano soluzioni inconsuete come la distribuzione con unica camma (che muoveva le aste agendo su bilancieri a dito dotati di rullo) e la lubrificazione a sbattimento. Niente pompa, insomma, ma un ingranaggio “pescatore” che non azionava nulla ma, parzialmente immerso nell’olio contenuto nella coppa, lo lanciava tutt’attorno! La potenza era di 7 CV a 5000 giri/min.

Nella parte ciclistica, oltre al disegno del telaio, spiccavano le sospensioni (quella anteriore era a biscottini oscillanti) con elementi elastici in gomma. Nonostante le interessanti caratteristiche il Motom Delfino non ha incontrato il favore del grande pubblico (in sette anni ne sono stati venduti poco più di 5000 esemplari).

Il modello Pullman 125 della MV ha ottenuto una notevole diffusione per la sua praticità d’uso e la sua robustezza. Il motore era un monocilindrico a due tempi che erogava 5 cavalli a 4500 giri/min. Tra il 1953 e il 1956 di questa moto sono stati costruiti circa 25000 esemplari
Il modello Pullman 125 della MV ha ottenuto una notevole diffusione per la sua praticità d’uso e la sua robustezza. Il motore era un monocilindrico a due tempi che erogava 5 cavalli a 4500 giri/min. Tra il 1953 e il 1956 di questa moto sono stati costruiti circa 25000 esemplari

Con la sua 125 Pullman, entrata in produzione nel 1953, anche la MV Agusta ha realizzato una moto che si distaccava dagli schemi tradizionali, con ruote da 15 pollici e gomme di grande sezione. Il motore a due tempi era lo stesso, semplice e affidabile, che veniva già impiegato su di uno scooter della stessa casa. Il cilindro era in ghisa e il cambio a tre marce (con comando a manopola nella prima versione). Il successo ottenuto è stato considerevole, a conferma della validità del mezzo e a testimonianza di quanto fosse azzeccata la “formula” adottata.

Altri costruttori hanno imboccato la strada della moto con ruote da 15 pollici e assetto studiato all’insegna della confortevolezza. In questa sede non si possono non citare, data la loro importanza, due realizzazioni di grandi case. La prima è la Parilla con il modello Bracco apparso nel 1953 e commercializzato fino al 1956.
Il motore era a due tempi nelle versioni di 125 e di 150 cm3 e a quattro in quella di 175 cm3 (costruita per un anno soltanto).

L’altra è la Mondial con il suo Sogno, prodotto dal 1954 al 1957 e azionato da un tranquillo monocilindrico a due tempi di 160 cm3 erogante 7 cavalli.