La famosa Banda Bassotti!

Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Chi ha detto che le ruote di piccolo diametro devono essere una esclusiva degli scooter?
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
1 settembre 2020

Negli anni Cinquanta diverse case hanno cercato strade alternative proponendo modelli con caratteristiche che si distaccavano da quelle delle moto di schema tradizionale. In qualche caso si cercava di proporre mezzi con un comfort superiore mentre altre volte l’obiettivo era una migliore praticità d’impiego ovvero una maggiore versatilità.

Alcune moto che si distaccavano dai canoni usuali sono però nate semplicemente per proporre all’utenza qualcosa di diverso o per sfruttare al meglio le potenzialità dell’azienda razionalizzando e diversificando la produzione. Ciò è accaduto alla Iso di Bresso che, visto il buon successo commerciale dell’Isoscooter, presentato nel 1949, ha pensato di derivare direttamente da tale modello una moto, che ha fatto la sua comparsa un anno dopo. In pratica, si trattava di “svestire” uno scooter e di apportare qualche lieve adeguamento. Il motore era lo stesso ma il raffreddamento, sempre ad aria, non era più forzato mediante ventola e convogliatore.
Si trattava di un 125 a due tempi, del tipo a cilindro sdoppiato, che erogava 6,7 CV a 5200 giri/min; la trasmissione primaria era a catena. Nella parte ciclistica spiccavano le ruote da 12 pollici e il telaio in tubi, diverso da quello impiegato sullo scooter. Questa moto di dimensioni leggermente inferiori a quelle usuali ha avuto una notevole diffusione dovuta all’aspetto gradevole e alle sue ottime caratteristiche, tra le quali spiccavano la robustezza e l’affidabilità. Nel 1954 il diametro delle ruote è stato portato a 14 pollici.

La 125 T 14 è stata un autentico best seller della Alpino. Presentata al Salone di Milano del 1951, aveva un motore a due tempi da 5,5 cavalli e un cambio a tre marce. Le ruote erano da 14 pollici
La 125 T 14 è stata un autentico best seller della Alpino. Presentata al Salone di Milano del 1951, aveva un motore a due tempi da 5,5 cavalli e un cambio a tre marce. Le ruote erano da 14 pollici

La Iso non è stata l’unica casa a produrre una moto con ruote di piccolo diametro. Pure l’Alpino lo ha fatto, e con grande successo. Al Salone di Milano del 1951 questa azienda di Stradella ha presentato due 125 monocilindriche a due tempi che differivano sensibilmente una dall’altra. Impiegavano lo stesso motore ma erano completamente diverse per quanto riguardava la parte ciclistica e l’estetica.
La T 19 era assolutamente convenzionale, con le sue ruote da 19 pollici (misura che all’epoca dominava la scena) mentre la T 14 era un simpatico “bassotto” azionato dallo stesso motore. Il telaio era completamente diverso e, cosa particolarmente significativa, le ruote erano da 14 pollici. Questa moto è stato accolta molto bene dal mercato ed è stata prodotta in numeri considerevoli, superiori a quelli della T 19 (la cui potenza è stata portata nella versione Sport a 6,8 e infine a 7,5 CV).
Il motore, dotato di un cilindro in ghisa, aveva un alesaggio di 53,5 mm e una corsa di 55 mm ed erogava 5,5 CV a 5500 giri/min. La trasmissione primaria era a catena e il cambio a tre marce. La T 14 è stata affiancata dalla GT, caratterizzata da finiture migliori, una estetica leggermente diversa e un cambio a quattro rapporti. Nel 1953 su questo modello è apparsa la versione bitubo, con cilindro munito di due condotti di scarico separati. Per il mercato argentino, di grande importanza per l’azienda di Stradella, questa moto stata anche prodotta con un motore di 175 cm3, sempre a due tempi.

Fino ai primi anni Cinquanta negli USA hanno avuto una apprezzabile diffusione le moto costruite in California dalla Mustang. Di piccole dimensioni, erano quasi tutte dotate di ruote da 12 pollici. La ciclistica e la meccanica erano essenziali; la maggior parte dei modelli era azionata da un semplicissimo motore a valvole laterali con cambio separato
Fino ai primi anni Cinquanta negli USA hanno avuto una apprezzabile diffusione le moto costruite in California dalla Mustang. Di piccole dimensioni, erano quasi tutte dotate di ruote da 12 pollici. La ciclistica e la meccanica erano essenziali; la maggior parte dei modelli era azionata da un semplicissimo motore a valvole laterali con cambio separato

Un’altra moto italiana che gli appassionati, e gli stessi dipendenti della casa costruttrice, avevano soprannominato Bassotto è stata la Parilla 175 Sport, apparsa nel 1953 e successivamente chiamata Sport Competizione. Era dotata di una forcella Earles e aveva la ruota anteriore da 18 pollici e quella posteriore da 17, invece che da 19 come nelle altre versioni della 175 milanese. Certo l’altezza era inferiore, ma il soprannome non era azzeccato come nel caso della Alpino…

In quanto a moto con ruote di piccolo diametro, un posto di grande rilievo spetta a una azienda americana poco nota in Europa, la Mustang, che è stata attiva tra il 1946 e il 1965. Questa casa californiana ha costruito una serie di modelli che sembravano un poco… le moto di Paperino. L’idea era quella di realizzare non uno scooter (come i Cushman) ma una moto piccola, economica, leggera e quindi facile di impiego.
Le ruote erano sempre di piccolo diametro; quasi sempre venivano impiegate quelle da 12 pollici. Il motore utilizzato nella maggior parte dei modelli era un monocilindrico a valvole laterali di 320 cm3 di fabbricazione propria, che veniva abbinato a un cambio separato Burman. Per diverso tempo le Mustang hanno avuto una buona diffusione. Oggi sono assai ricercate dai collezionisti.

Le Honda Dax erano simpatiche moto di ridotte dimensioni con telaio monoscocca in lamiera dalla tipica conformazione e motore di piccola cilindrata con cilindro orizzontale e distribuzione monoalbero
Le Honda Dax erano simpatiche moto di ridotte dimensioni con telaio monoscocca in lamiera dalla tipica conformazione e motore di piccola cilindrata con cilindro orizzontale e distribuzione monoalbero

Per concludere l’argomento “bassotti”, non si può non parlare di quelli prodotti dalle industrie giapponesi, che dei modelli italiani degli anni Cinquanta possono essere considerati (con molta buona volontà) lontani parenti. Per la verità costituiscono una categoria a sé stante, che volendo si potrebbe considerare intermedia tra le vere motociclette e le odierne minimoto; rispetto a queste ultime, le dimensioni sono maggiori e sono presenti gli impianti di illuminazione e le altre caratteristiche che consentono normale impiego stradale.

Non c’è un telaio con un serbatoio montato a cavallo del tubo superiore, ma una vera e propria scocca in lamiera sagomata e saldata, internamente alla quale è ricavato il serbatoio del carburante; il motore è montato a sbalzo. Le ruote, dotate di “gommoni” di una sezione che talvolta è addirittura esorbitante, hanno un diametro molto ridotto.

Le Honda Dax, con motori a quattro tempi con distribuzione monoalbero e cilindrate comprese tra 50 e 70 cm3, avevano le ruote da soli 10 pollici; tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta hanno avuto una buona diffusione. Ad esse va aggiunta la ST 90 della stessa casa, prodotta per un paio di anni soltanto e munita di ruote da 14 pollici.

La Suzuki RV Van Van, costruita con motori a due tempi di 90 e di 125 cm3, è stata forse ancora più popolare, negli anni Settanta. Nel modello più piccolo il cilindro era disposto orizzontalmente mentre nell’altro era quasi verticale. Le ruote erano da 14 pollici in entrambi i casi.

Dopo una assenza dalla scena di oltre venti anni, nel 2003 la Suzuki ha rimesso in produzione una moto chiamata Van Van; le sue caratteristiche però erano piuttosto diverse da quelle del modello che in precedenza aveva portato lo stesso nome.

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