Nico Cereghini: “La piega, la MotoGP e noi”

Nico Cereghini: “La piega, la MotoGP e noi”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Quelli superano inclinazioni di sessantacinque gradi e noi, al contrario, siamo sempre più legati. Le strade stanno cambiando e la nostra passione, che si alimentava anche delle pieghe, va vissuta in modo diverso
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
22 settembre 2020

Ciao a tutti! Tra le tante contestazioni che si possono fare ai piloti di oggi, che tagliano la pista sugli spazi asfaltati e lanciano i tear-off negli airbox dei concorrenti e si tuffano quando potrebbero vincere i GP, ce n’è una che trovo la più importante e che mi dà molto fastidio. Piegano troppo.

Sessantacinque gradi e oltre. Ma sono pazzi? La fisica che studiavo al liceo con scarsissimi risultati – con tutte quelle frecce e la forza peso e quella centrifuga e la risultante R, un casino, tutti gli anni rimandato a settembre - mi assicurava che più dei quarantacinque gradi di inclinazione una moto non fa. E loro piegano “oltre” i sessantacinque! Scherzo, ma neanche tanto. Quando quelli come noi, motociclisti stradali, guardano le inclinazioni sempre più esagerate di un Pecco Bagnaia, per dirne uno, rischiano di perdere la voglia di andare in moto. “Non dovevamo fare la Cisa e il Cerreto, oggi?” domanda la moglie che ti vede ancora in canottiera. Ma a te viene da piangere.

L’avete usato anche voi il goniometro, da ragazzi? Prendevi la tua foto più frontale che riuscivi a trovare, tracciavi la linea che dall’asfalto veniva su lungo la ruota e misuravi l’angolo rispetto alla verticale teorica. Col mio Morini 125 Corsaro piegavo più di tutti, ma non ho mai visto più di 30 gradi. Più avanti, in pista, a 45 ci sono finalmente arrivato. Ma sessantacinque…

Certo, queste MotoGP sono delle grandi moto. Ci sono oggettivi limiti regolamentari e di pneumatici, che livellano un po’ troppo le prestazioni, e con quasi trecento cavalli l’elettronica comanda per forza, perché senza gli aiuti mezzo schieramento sarebbe all’ospedale. Questo gli appassionati lo devono capire. E devono ascoltare anche Cadalora o Valentino che dicono: le MotoGP sono più divertenti da guidare delle leggendarie 500 due tempi.

Quando sui social leggo certi giudizi impietosi sui piloti e sulla MotoGP di oggi sorrido, perché capisco che la moda è quella: dissacrare e contestare è spesso più divertente che seguire la corrente. Però mi pare che, anche trascurando i nove titoli mondiali del Dottore, a un tre volte campione del mondo come il professor Cadalora, che ha guidato tutto e non gioca più, si possa credere. Come voi non ho avuto la fortuna di provare una MotoGP di oggi, solo qualche preistorico antenato come la V6 1000 Laverda, ma sono sicuro: questi sono prototipi difficili da approcciare ma meravigliosi da guidare.

Cosa deve provare un Pecco Bagnaia quando piega al limite, strofina a terra ginocchio e gomito, sfiora il cordolo anche con la spalla e la coscia? Un godimento assoluto. Che invidia. Peccato soltanto, come dicevo un po’ per scherzo e un po’ no, che le nostre pieghe siano sempre più mortificate, che la distanza cresca ogni anno di più. E’ un dato di fatto: il nostro modo di vivere la passione della moto sta forzatamente cambiando.

Cresce il traffico soprattutto nel fine settimana, si moltiplicano i tratti di strada in condizioni terribili tra buche, rappezzi e smottamenti; e poi troppe barriere pericolose e tante, troppe limitazioni: alcune sono sacrosante, non siamo soli al mondo e la strada non è una pista, ma molte sono messe lì senza alcuna logica, soltanto per far cassa. La piega era per molti di noi – e non parlo agli esagitati - uno degli obiettivi delle uscite su strada, pennellando traiettorie ideali, naturalmente restando nei limiti e sui pochi tratti di strada sgombri e sicuri. Ebbene, con quali piaceri motociclistici l’avete sostituita?          

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